Politica
Sport, minori e maltrattamenti: l’analisi di Save the Children
4/1/2023
Giocare attraverso lo sport contribuisce ad una crescita sana ed equilibrata, ma anche alla possibilità di instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti, in un contesto che permette di apprendere valori come il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà verso i compagni e la squadra, la dedizione personale. Milioni di bambine e bambini in tutto il mondo prendono parte a qualche forma di sport organizzato ogni settimana.
In Italia un/a bambino/a su 2 pratica sport in maniera continuativa.
Nello spirito dell'articolo 29 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, allenatori, volontari e professionisti dello sport sono tenuti a “garantire che lo sport sia praticato in una cultura di comprensione, pace, tolleranza, uguaglianza di sessi, amicizia e fair play tra tutte le persone. Negli ultimi anni, tuttavia, è diventato evidente che quello sportivo non sempre è un ambiente sicuro, almeno non per tutti/e le/i bambine/i. Gli stessi tipi di violenza e abuso talvolta riscontrati nelle famiglie possono verificarsi anche nei contesti extra familiari, come quelli sportivi appunto.
L'OMS definisce il maltrattamento sui minori come "tutte le forme di abuso fisico e/o emotivo, abuso sessuale, negligenza o trattamento negligente, o sfruttamento commerciale o di altro tipo, con conseguente danno effettivo o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità del bambino, nel contesto di un rapporto di responsabilità, fiducia o potere”.
Alla base delle relazioni adulto-minore c’è sempre una disparità di potere, motivo per il quale i più piccoli sono sempre in una situazione di maggiore vulnerabilità rispetto al rischio di abusi. Le “caratteristiche uniche dell'ambiente sportivo”, compresi il "rapporto allenatore-atleta, l'intensità della pratica sportiva in giovane età, le esigenze della competizione, il tempo trascorso sul campo o nelle palestre, le procedure di reclutamento dei giovani atleti e la distanza da casa o dall'ambiente scolastico” (Fortier, Parent e Lessard, 2019) possono rappresentare dei fattori di rischio, anche in considerazione della forte influenza che un allenatore sportivo può avere sul minore. Gli abusi e i maltrattamenti sui minori si verificano in molti sport e le vittime sono più spesso le ragazze, atleti/e appartenenti a minoranze e gli atleti che giocano a un livello agonistico.
Purtroppo sono diversi i casi di cronaca relativi a maltrattamenti subiti da giovani atleti nel mondo e in Italia. Nel 2020 un report di Human Rights Watch ha denunciato la pratica giapponese del Taibatsu che prevede l’utilizzo di forme di violenza tra le quali "l'essere umiliati, presi a pugni in faccia, a calci, picchiati con oggetti come mazze o bastoncini di kendo di bambù, essere privati dell'acqua, soffocati, frustati con fischietti o racchette, ed essere abusati e molestati sessualmente". Queste forme di abuso sono praticate sui bambini per motivarli a lavorare di più, tradendo una cultura e una mentalità che normalizza la violenza e l’umiliazione come forme di educazione.
Un altro, purtroppo famoso, caso è quello di Simone Biles, medaglia d'oro olimpica americana e una delle migliori ginnaste del mondo. La giovane è stata abusata sessualmente quando era ancora minorenne dal dottor Larry Nassar, un ex medico dello sport statunitense. Quando ha testimoniato davanti alla commissione giustizia del Senato, la Biles ha affermato che l'abuso è avvenuto perché organizzazioni come USA Gymnastics e il Comitato olimpico e paralimpico degli Stati Uniti, entrambi creati dal Congresso degli Stati Uniti per proteggere gli atleti, "non sono riusciti a svolgere il proprio lavoro per il quale erano stati creati".
Anche il nostro Paese non è da meno. Nina Corradini e Anna Basta hanno coraggiosamente denunciato le umiliazioni e gli abusi psicologici subiti quando ancora poco più che bambine nelle palestre di quello che era lo sport che più amavano, la ginnastica ritmica. Alle loro denunce se ne sono sommate altre di giovanissime atlete, mappate dall’Organizzazione Change the Game.
Lo sport è crescita e benessere solo quando è svolto in un ambiente sicuro, sano e motivante. Gli abusi e le violenze nel mondo dello sport purtroppo però esistono.
Prevenire la violenza è possibile, rispondere alla violenza mettendo al centro le vittime è un dovere etico e morale. Da anni promuoviamo la creazione di sistemi di tutela, anche in ambito sportivo, che hanno proprio l’obiettivo di prevenire abusi e violenza e in caso la prevenzione fallisca di avere in piedi maccanismi di risposta che mettano al centro i/le sopravvissute/i alla violenza.
I sistemi di tutela mirano a implementare chiare e concrete misure di salvaguardia al fine di creare ambienti sportivi sicuri per i/le bambini/e ovunque partecipino e a qualsiasi livello, per promuovere buone pratiche e sfidare pratiche che sono dannose per i bambini e per diffondere, sensibilizzare e formare sulla tutela dei bambini tutti coloro che sono coinvolti nello sport.
Il cambiamento passa solo attraverso un cambiamento culturale e organizzativo che sia trasformativo e radicale, un cambiamento che deve coinvolgere chi ha la responsabilità di far crescere i minori attraverso lo sport.
Tra i buoni propositi per il futuro c’è senz’altro la necessità che il CONI e tutte le federazioni sportive italiane imparino dai fallimenti passati e attuali nel proteggere le piccole e i piccoli atleti e decidano di intraprendere azioni coraggiose e di sistema per impedire che tali abusi si ripetano.
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