Economia

Immobili: Unimpresa, oltre 300mila famiglie italiane senza case popolari. Record in Lombardia con 67mila richieste in coda

16/12/2024

Case popolari cercansi, con oltre 300mila famiglie senza un tetto, in lista d'attesa, per colpa dei sindaci. Sono oltre 319.000, in Italia, infatti, i nuclei familiari in attesa di un alloggio popolare, con una media di 12,6 richieste inevase ogni 1.000 nuclei familiari. La Lombardia guida la classifica con 67.176 domande giacenti, mentre la Sicilia e l’Emilia-Romagna seguono rispettivamente con 37.278 e 29.462 richieste. Bolzano registra l’incidenza più alta rispetto alla popolazione, con 22,4 domande senza risposta ogni 1.000 famiglie. Al contrario, Valle d’Aosta e Molise presentano i dati più bassi, rispettivamente con 2,7 e 4,3 domande inevase ogni 1.000 nuclei. E, considerando che oltre la metà dell’edilizia residenziale pubblica è gestita da comuni, la responsabilità del deficit di abitazioni popolari ricade gioco-forza sulle amministrazioni cittadine. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale i comuni del nostro Paese detengono la maggioranza degli immobili di edilizia residenziale pubblica, con oltre 401.800 unità pari al 53,4% del totale, seguiti dagli enti territoriali per l’ERP con il 42,4%. Gli altri enti pubblici giocano un ruolo marginale: gli enti previdenziali possiedono l’1,1% degli immobili, mentre ministeri e Presidenza del Consiglio ne gestiscono l’1%. Quanto alla “data di nascita”, quasi la metà del patrimonio di edilizia residenziale pubblica italiana, pari a 752.217 abitazioni, è stata costruita prima del 1980, con una concentrazione maggiore tra gli anni Ottanta, il periodo di massima espansione, quando sono state realizzate 188.000 unità. Dopo il 2010, la costruzione di nuove abitazioni è crollata al 2,2% del totale, segno della drastica riduzione degli investimenti pubblici. «Il divario tra Nord e Sud è evidente, con le regioni meridionali che mostrano una pressione maggiore in termini di richieste, anche a causa di un accumulo storico di domande non soddisfatte. Il Sud ha beneficiato di una significativa spinta edilizia negli anni Ottanta, ma la vetustà del patrimonio rimane critica, soprattutto nelle zone rurali e nelle periferie urbane. Le città ospitano il 26% degli alloggi popolari, ma il degrado interessa tutte le aree geografiche. La concentrazione nelle mani comunali evidenzia il peso che grava sugli enti locali, spesso privi di risorse adeguate alla manutenzione e la gestione di un patrimonio immobiliare sempre più datato. Una riorganizzazione della governance appare necessaria per bilanciare le responsabilità e migliorare l’efficienza del sistema» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.  Secondo il report del Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Corte dei conti, l’analisi dei dati relativi alla domanda inevasa di case popolari evidenzia significative disparità territoriali e amministrative in Italia. Complessivamente, sono state registrate 319.329 richieste giacenti, con un’incidenza media di 12,6 domande ogni 1.000 nuclei familiari residenti. La Lombardia guida questa classifica con 67.176 domande inevase, pari a 15,9 richieste ogni 1.000 famiglie, seguita dalla Sicilia con 37.278 richieste e un’incidenza di 18,5, e dall’Emilia-Romagna con 29.462 domande, equivalente a 15,0 ogni 1.000 nuclei. La provincia autonoma di Bolzano rappresenta il caso più estremo in proporzione alla popolazione, con 4.801 domande inevase, ma un’incidenza di ben 22,4 richieste ogni 1.000 famiglie. Anche Friuli-Venezia Giulia e Toscana mostrano una pressione rilevante, rispettivamente con 9.231 domande inevase (16,9 ogni 1.000 nuclei) e 25.974 richieste (16,0 ogni 1.000 famiglie). Sul lato opposto, la Valle d’Aosta e il Molise registrano i numeri più contenuti, con appena 165 domande inevase nella prima e un’incidenza di 2,7 ogni 1.000 famiglie, mentre il Molise si ferma a 562 richieste inevase e un’incidenza di 4,3. Dati contenuti emergono anche da regioni come l’Abruzzo, con 1.933 richieste (3,5 ogni 1.000 famiglie), e il Veneto, che presenta un’incidenza di 8,6 domande su 1.000 nuclei familiari per un totale di 17.078 richieste inevase. Il Sud, complessivamente, mostra numeri più elevati non solo in termini assoluti ma anche proporzionalmente alla popolazione, con regioni come Calabria e Basilicata che registrano rispettivamente un’incidenza di 13,8 e 16,6 richieste ogni 1.000 famiglie. Il divario tra Nord e Sud evidenzia una maggiore pressione sulla domanda inevasa nelle regioni meridionali e insulari, spesso frutto di anni di mancata risposta istituzionale a una crescente esigenza abitativa. Il sistema italiano delle case popolari è fortemente concentrato nelle mani degli enti locali, con i comuni che possiedono 401.808 immobili, pari al 53,4% del patrimonio totale, e gli enti territoriali per l’ERP che gestiscono 318.656 abitazioni, corrispondenti al 42,4%. Questi due soggetti amministrano insieme oltre il 95% delle abitazioni ERP, lasciando una quota marginale agli altri enti pubblici. Tra questi ultimi, gli enti previdenziali detengono 8.289 unità, pari all’1,1% del totale, seguiti dai ministeri e dalla Presidenza del Consiglio con 7.368 immobili, equivalenti all’1%. Altri soggetti, come le aziende di servizi alla persona e le amministrazioni centrali, contribuiscono con quote trascurabili: rispettivamente 4.697 unità (0,6%) e 886 immobili (0,1%). Alcuni enti, come le Agenzie Fiscali o l’Automobile Club d’Italia, risultano proprietari di meno di 20 immobili ciascuno, un dato che evidenzia la marginalità di tali soggetti. La forte concentrazione nelle mani comunali pone importanti interrogativi sulla capacità di gestione di un patrimonio così vasto, spesso in condizioni critiche, da parte di amministrazioni locali che dispongono di risorse limitate. I comuni sono chiamati non solo a rispondere alla crescente domanda di case popolari, ma anche a garantire la manutenzione di un patrimonio immobiliare spesso vetusto, mentre il ruolo residuale di altri enti pubblici solleva dubbi sulla possibilità di una più equa distribuzione delle responsabilità e delle risorse. In un contesto di crescente bisogno abitativo, è chiaro che il sistema di edilizia residenziale pubblica necessita di una riorganizzazione che coinvolga maggiormente altri livelli istituzionali, evitando di sovraccaricare esclusivamente gli enti locali.  Il patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, composto da 752.217 abitazioni, mostra una distribuzione temporale che riflette le politiche abitative del passato e le carenze degli investimenti più recenti. Ben il 47,4% degli immobili è stato costruito prima del 1980, segno di un patrimonio spesso vecchio e poco efficiente. Il periodo di maggiore espansione si registra tra il 1981 e il 1990, con 188.007 unità realizzate, pari al 25% del totale, seguito dal decennio 1946-1960 con 117.057 abitazioni (15,6%) e dagli anni 1971-1980 con 110.489 unità (14,7%). Dopo gli anni Novanta, la costruzione di nuove abitazioni è crollata: nel decennio 1991-2000 sono state realizzate 62.323 unità (8,3%), mentre dal 2001 al 2010 il numero scende ulteriormente a 51.974 unità (6,9%). Dopo il 2010, gli investimenti pubblici nel settore dell’edilizia residenziale pubblica hanno prodotto appena 16.482 nuove abitazioni, pari al 2,2% del totale. A livello territoriale, il Sud ha beneficiato di una spinta edilizia significativa negli anni Ottanta, con il 29,1% degli immobili costruiti in quel periodo, a fronte del 25,7% del Centro e del 21% del Nord. La distribuzione geografica evidenzia inoltre una prevalenza di immobili popolari nelle città, dove si concentra il 26,1% del patrimonio, e nei sobborghi, con il 26,3%. Nelle zone rurali si trova solo il 16,2% delle abitazioni, un dato che riflette la storica concentrazione della domanda abitativa nelle aree urbanizzate. La vetustà del patrimonio di edilizia residenziale pubblica emerge con particolare forza nelle aree rurali e nelle periferie urbane, dove una quota significativa degli immobili risale agli anni Cinquanta e Sessanta, periodi in cui si costruivano case popolari in risposta alla crescita demografica post-bellica. In Italia risultano inevase complessivamente 319.329 domande di edilizia residenziale pubblica (ERP), pari a una media di 12,6 richieste ogni 1.000 nuclei familiari. Il carico nazionale si distribuisce in modo disomogeneo tra le regioni italiane, con marcate differenze tra Nord, Centro e Sud. La Lombardia si colloca al primo posto per numero assoluto di domande inevase, con 67.176 richieste, che rappresentano il 21% del totale nazionale. L’incidenza per 1.000 nuclei familiari è pari a 15,9, un dato superiore alla media nazionale. A seguire, troviamo la Sicilia, con 37.278 domande, pari all’11,7% del totale, e un’incidenza di 18,5 per 1.000 nuclei familiari, il secondo dato più alto in Italia. L’Emilia-Romagna, al terzo posto, registra 29.462 richieste inevase, pari al 9,2% del totale, con un’incidenza di 15,0 domande per 1.000 nuclei. Tra le regioni con i valori percentuali più elevati rispetto alla popolazione, spicca la provincia autonoma di Bolzano, che pur avendo un numero assoluto contenuto di 4.801 domande, rappresenta un’incidenza altissima di 22,4 richieste per 1.000 nuclei familiari, il dato più alto a livello nazionale. Anche la Toscana e il Friuli-Venezia Giulia mostrano numeri significativi, rispettivamente con 25.974 e 9.231 richieste inevase, pari all’8,1% e 2,9% del totale, e un’incidenza di 16,0 e 16,9 domande per 1.000 nuclei familiari. Guardando al Nord, il Veneto presenta 17.078 richieste inevase, pari al 5,3% del totale nazionale, con un’incidenza di 8,6 domande per 1.000 famiglie, al di sotto della media italiana. Al contrario, il Piemonte registra 27.273 richieste, pari all’8,5% del totale, e un’incidenza di 13,9 per 1.000 nuclei, più vicina alla media nazionale. La Liguria, con 9.110 domande inevase, incide per il 2,8% del totale e registra 11,9 richieste per 1.000 nuclei.  Nel Centro Italia, l’Umbria conta 4.270 richieste inevase, pari all’1,3% del totale nazionale, con un’incidenza di 11,3 ogni 1.000 famiglie. Le Marche, invece, registrano 5.688 domande, pari all’1,8% del totale, e un’incidenza di 8,9 per 1.000 nuclei familiari, uno dei dati più bassi a livello nazionale. Il Lazio, pur essendo una regione densamente popolata, riporta 21.709 richieste inevase, pari al 6,8% del totale nazionale, con un’incidenza di 8,3 domande per 1.000 nuclei, tra le più basse d’Italia. Scendendo al Sud, la Calabria registra 11.117 richieste inevase, pari al 3,5% del totale nazionale, con un’incidenza di 13,8 per 1.000 famiglie, sopra la media italiana. La Puglia, invece, conta 18.235 richieste, pari al 5,7% del totale, con 11,5 domande ogni 1.000 nuclei familiari. La Campania presenta un numero assoluto più contenuto, 13.693 richieste, pari al 4,3% del totale, e un’incidenza di 6,4 domande per 1.000 nuclei, tra le più basse del Sud. Le regioni più marginali in termini di domanda inevasa sono il Molise e la Valle d’Aosta. Il Molise riporta appena 562 richieste, pari allo 0,2% del totale nazionale, con un’incidenza di 4,3 per 1.000 nuclei familiari. La Valle d’Aosta ha il dato più basso in assoluto, con 165 domande inevase, pari a 0,05% del totale, e un’incidenza di 2,7 ogni 1.000 famiglie, il valore più basso a livello nazionale.
Allegato